La lavorazione acciaio ha uno scopo preciso, e nella nostra società pesantemente industrializzata, essenziale: quello cioè di rendere possibile il massiccio utilizzo che facciamo, in tutti i settori produttivi, di questo materiale così versatile. E’ infatti stato soltanto quando il procedimento Bessemer ha reso semplice e soprattutto economico produrre l’acciaio su vasta scala che ha potuto verificarsi quella seconda rivoluzione industriale che ha dato al mondo i connotati che conosciamo, e che si è proprio basata sulle notevoli proprietà fisiche e meccaniche di questa lega fra ferro e carbonio.
E proprio se consideriamo la gamma enorme di utilizzi dell’acciaio, diventa evidente come il termine stesso di “lavorazione acciaio” sia generico, e si debba applicare ad una grande varietà di diversi acciai, adatti ciascuno a diversi generi di applicazioni industriali o produttive – pensiamo che sono in acciaio le carrozzerie delle auto ma anche le molle delle sospensioni, pezzi sottoposti a sollecitazioni e a cui si richiedono prestazioni completamente diverse. E da due fattori dipendono le vaste differenze fra i vari tipi di acciaio:
1) per prima cosa, gli acciai sono tutti basati su una lega di ferro e carbonio – ma non soltanto. Altri elementi chimici vengono introdotti nella lega, con il preciso scopo di alterarne alcune importanti caratteristiche strutturali, e di conseguenza le prestazioni meccaniche. Una piccola percentuale di tungsteno ci porterà perciò ad un acciaio più duro; se invece introdurremo del rame, avremo un acciaio più protetto dalla corrosione; ancora, il cromo ci darà una lega più resistente… e così via, con decine di possibili diversi risultati.
2) altrettanto importante, oltre alla composizione chimica della lega, ne è la struttura. La lavorazione acciaio, o meglio degli acciai, dato che come abbiamo visto è più preciso e corretto usare il plurale, per indicare le possibili varianti che nominavamo poco sopra, agisce anche sulla lega già composta, andando a modificarne le caratteristiche tramite un’alterazione della sua struttura cristallina interna – che si ottiene tramita l’azione del riscaldamento e del raffreddamento, opportunamente applicati sia per tempo che per intensità. Per questo esiste una serie di importanti procedure metallurgiche atte proprio ad ottenere tali risultati strutturali, e dato che si effettuano applicando calore, tali tipi di lavorazione acciaio sono detti trattamenti termici.
Fra i tanti che ne esistono, ne esamineremo oggi due di particolare interesse: la ricottura e il rinvenimento.
RINVENIMENTO
Una lavorazione acciaio tra le più famose, ossia quella detta di tempra, aumenta il grado di durezza dell’acciaio – ma ha purtroppo uno sgradevole effetto collaterale, di per sè naturale e inevitabile, che dipende dal fatto che al crescere della durezza di un materiale ne aumenta anche la fragilità. Poichè per molte applicazioni dell’acciaio un’eccessiva fragilità non è tollerabile – pensiamo alle strutture di un palazzo in cemento armato – nasce la necessità di mantenere una durezza aumentata e recuperare, contemporaneamente, la resistenza perduta. Proprio per fare questo si pratica il rinvenimento, che consiste in un riscaldamento a temperature specifiche seguito da un raffreddamento con tempistiche rigidamente controllate, che ripristina la struttura cristallina del materiale compromessa dalla tempra.
RICOTTURA
La lavorazione acciaio definita di ricottura viene effettuata con una fase di riscaldamento a temperature subito sotto quelle di fusione dell’acciaio, seguita da un lento raffreddamento, solitamente condotto in forni industriali come i forni a carro. Viene effettuata per rendere all’acciaio uno o più dei suoi tre equilibri fondamentali: quello chimico ossia l’omogeneità, quello strutturale per trasformare le fasi metastabili dell’acciaio (come l’austenite) e quello meccanico, allo scopo di ridurre il livello di tensione interna. Alla fine del processo si ottiene un acciaio più omogeneo e dolce, la cui struttura cristallina, perfettamente allineata, gli conferisce un elevato grado di lavorabilità.