Nel corso del tempo, il trattamento delle vene varicose è stato prima approcciato da un punto di vista di mera risoluzione di un inestetismo. Ma le recenti valutazioni mediche suggeriscono un approccio più organico a quello che si è rivelato un problema prettamente medico.
Quello delle vene varicose, così diffuse fra la popolazione d’ogni età, ormai non è più considerato solamente un inestetismo fastidioso o un disagio – ma lo si riconosce come una vera malattia, con gravi complicazioni, che purtroppo è storicamente stata trattata in maniera superficiale e senza davvero preoccuparsi di curarla.
Per anni, infatti, la questione è stato affrontata approcciandosi esclusivamente ai sintomi, e non alle cause della malattia. Tali sintomi vanno da semplici gonfiori alle caviglie, e sensazione di gambe pesanti, alla comparsa di vene sempre più ingrossate e violacee – il vero insorgere del problema. E per questa ragione, i trattamenti proposti sono stati, storicamente, di due tipi:
1. la soluzione chirurgica
Primo approccio storico al problema delle vene varicose fu quello, semplicistico, di rimuovere l’inestetismo rimuovendo l’intera vena antiestetica – in realtà, come vedremo, vena malata. Con un intervento chirurgico traumatico e per sua natura fortemente invasivo, la vena veniva, letteralmente, strappata dalla gamba malata.
2. la soluzione chimica
Un secondo approccio al trattamento delle vene varicose fu invece quello di tipo farmacologico-chimico – ossia l’iniezione, direttamente nella vena da trattare, di una sostanza chimica che la facesse sclerotizzare, quindi restringere, e morire, scomparendo così dalla superficie della gamba stessa e risolvendo, momentaneamente, l’inestetismo.
Approcci, entrambi, penalizzati da un errore di fondo: quello di considerare l’effetto visibile del problema – la vena ingrossata, violacea, in rilievo, insomma l’inestetismo – e non le sue cause, che ricadono pienamente nell’ambito della malattia.
A causare le vene varicose, infatti, è un problema di circolazione, e di ipertensione venosa nelle gambe. Quando quest’ultima, infatti, compromette il normale flusso del sangue nelle vene profonde, la circolazione è costretta a cercare sfogo – e passa in gran parte alle vene superficiali, quelle più vicine alla pelle. Purtroppo, queste vene sono di calibro ben inferiore, e non in grado di ospitare interamente un flusso tanto incrementato – che finisce per dilatarle e danneggiarle, portandone alcune a diventare evidenti; sono queste quelle che chiamiamo, appunto, vene varicose.
È proprio da questa circolazione compromessa che derivano i reticoli di capillari, i piedi anneriti, le vene ingrossate e violacee; e proprio analizzando questa causa del problema diventa evidente quale fosse l’errore di fondo delle tecniche tradizionali. Se infatti la circolazione devia dal suo giusto percorso perché le vene non riescono a sostenerne il flusso, ridurre le vene (atrofizzandole o rimuovendole) non potrà che peggiorare il problema: come se cercassimo di ridurre il traffico chiudendo strade, obbligandolo a congestionare ancora peggio quelle rimaste.
Alla luce di questa visione delle vene varicose come sintomo di una malattia circolatoria, recentemente sta venendo implementata da sempre più medici una terapia, la T.R.A.P. Therapy, di nuova concezione. Una terapia nel vero senso della parola, in quanto anziché occuparsi dell’inestetismo, si preoccupa di guarire le vene malate. La cura prevede infatti di iniettare nelle vene varicose una sostanza atossica che combatta ed elimini l’infiammazione nell’intero apparato circolatorio della gamba.
Le vene così rigenerate tornano ad essere in grado di accogliere la circolazione, non obbligandola a sfogarsi in superficie. Gli effetti sono quindi da un lato di tipo medico – le vene guariscono, e funzionano meglio, scongiurando complicazioni poco note ma gravissime come flebiti e trombosi – e dall’altro di tipo estetico, in quanto, rapidamente, le vene ingrossate vanno a scomparire dalla superficie della gamba, mano a mano che il flusso anomalo torna alla circolazione profonda.